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Dalle Tagghjate al Belvedere

55,00 40,00

Scoperte, letture e orientamenti propositivi di tutela e valorizzazione

Giovanni Carafa

Pag. 245 – Formato 21 x 30 cm

Descrizione

Il presente lavoro è il frutto di un inatteso: allorché spesso sollecitato da amici e conoscenti a partecipare loro le mie interpretazioni di lettura delle “Tagghjate”, mi decisi a farlo occasionalmente sul contatto personale Whatsapp e secondo il momento emotivo di volta in volta vissuto, pertanto, in quella sede, non uno schema preordinato ha orientato l’intento quanto la sicurezza di poter contare su una strutturazione intuitiva, interiore, di contenuti ormai da lungo tempo sedimentati nel cuore e nella mente. Il materiale prodotto è andato  via via  crescendo fino ad accogliere un esteso che non era stato del tutto espresso nel precedente mio libro Tagghjate (ediz. EPD’O, Oristano 2020); trattasi, del Monte Belvedere, delle sue valenze paesaggistiche secondo le esperienze dirette del vissuto personale. “En passant”, e sotto forma di schede, ho dapprima ripercorso la lettura panoramica dell’insieme Tagghjate, poi le “evidenze segniche” salienti di esse, del più intimo dedalo tratturale interno (il Passo F.G., le Mura di Tebe, Chiunque…, Fuggiti e le grotte Mitragliata, 1950 e Chiapparo), quindi, sono passato a illustrare quello che inevitabilmente costituisce il contesto di appartenenza: il “Belvedere” (in letteratura, anche Serra Belvedere). Le argomentazioni di quest’ultimo hanno determinato un agevole “compendio” territoriale quando associate (negli approfondimenti progettuali e di valorizzazione d’ipotesi propositiva di un augurabile recupero, tutela e salvaguardia) al precedente mio Tagghjate, pertanto, un corpus abbastanza unitario di spunti politico-progettuali di programmazione paesaggistico-territoriale circoscritti all’interessato amministrativo delle contrade natie. Il successivo mio edito Racconti dalle Tagghjate,  prossimo alle stampe, fornendo lo spirito di pensieri, sentimenti e azioni di un generazionale successivo al mondo Tagghjate-Belvedere, ma, comunque, diretto testimone degli ultimi partecipati d’avolo, costituirà, assieme al presente lavoro e a Tagghjate, una trilogia unitaria del rapporto Tagghjate-Monte, aprendo anche a un’identità di “comprensorio” coinvolgente le viciniorità storico-culturali-naturalistico-ambientali dei territori di Roccaforzata e Faggiano nel condiviso orografico, e, augurabilmente turistico.  Pure l’Appendice, che corona di sé la parte di chiusura del libro, è nata inaspettatamente: quando le bozze di esso erano ormai quasi pronte per l’edizione. Un’impellente sollecitazione, allora, mi prendeva, quella di poter, in qualche modo, integrare il lavoro con un ampliamento che potesse offrire un ulteriore contributo al valore “Belvedere” da parte della mia specifica formazione professionale (artistica e docente). Pertanto, non più delle Tagghjate si trattava (delle quali ormai, nel bene e nel male, ritengo che la diffusione sociale del relativo portato, espresso in termini di  conoscenza-esistenza, seppur ancora generico, la comunità locale abbia cominciato ad assumere in termini di identità) quanto dei punti panoramici del “pianoro” del Belvedere, di quel già evidenziato balcone naturale da sottrarre alla possibile criticità d’oblio e del quale, nelle mie solite escursioni sul “Monte”, ero stato ammaliato da almeno  quattro vedute di insolita bellezza laddove lo sguardo d’orizzonte porta a valle, per lo più tra una realtà agraria da sempre data per acquisita, e che nelle mie ormai poche occasionali diversificate presenze stagionali in loco mi rinnovava l’antica sorpresa estetico-formale delle curatissime distese colturali nel loro variegato cromatismo micro poderale. Nasceva, così, l’ineludibile considerazione di dare un segno distintivo al  lettore e a quanti “di dovere” interessati al recupero e valorizzazione di questa complementarità culturale da sempre vicina  quanto lontana dalle considerazioni del diretto vissuto sangiorgese… Cosa è successo, dunque? Semplicemente, la possibilità, all’interno di una strutturazione d’assieme di paesaggio già avanzata nella Parte seconda, “Conclusioni”, di privilegiare, “a mero titolo esemplificativo”, uno di quei punti panoramici con un intervento integrativo colturale agrario d’orizzonte che potesse conciliare le istanze economico-produttive d’azienda con i valori estetico-visuali formali disponibili nelle potenzialità proprie del Belvedere, quasi, un dipinto naturale: integrare la casualità dell’apprezzamento percettivo dell’oggetto dell’attività lavorativa rurale con una volontà compositiva d’arte indicativa di un’esperienza percettiva spazio-temporale fenomenica di natura. Sùbito, due obiettivi si sono sedimentati nel mio spirito creativo: l’ideazione di un “parterre agricolo” (colturale) e una visualizzazione altra, in notturno, a “proiezioni luminose policrome laser”. Per il parterre era assolutamente da escludere ogni forma di referenza di mera leziosità storica, privilegiando, invece, la sensibilità contemporanea così come si è sedimentata nel suo divenire stagionale dell’arte del secolo appena trascorso. Non è un fatto denigratorio nei confronti della Storia, ma, semplicemente, una mera transizione di sensibilità estetica pur tenendo in considerazione i significativi apporti comunque forniti dalla specificità culturale mediterranea (giardino all’italiana) alla causa paesaggistica nel suo nascere ed essere. Per la proposta visuale a proiezioni luminose a raggi laser, invece, era già scontata in partenza ogni ideazione rientrante nell’ambito della  sensibilità contemporanea, proprio per la particolare tecnologia del mezzo espressivo in uso.  Le colture compositivo-visuali prescelte hanno dovuto ottemperare, al contempo, a un criterio di sostenibilità e, seppur circoscritto, all’imperativo etico-sociale d’attualità sul consumo energetico, nonché, al recupero della tanto compromessa bio-diversità operata dalle monocolture. Nella memoria professionale docente ho da subito approntato una scheda sintetica che definisse le finalità e gli obiettivi dell’intento ideativo-creativo-progettuale di ogni proposta, pertanto anche i relativi criteri, le condizioni operative, i materiali, gli strumenti adottabili e le metodologie di visualizzazione. Nell’eventualità di un sostegno ideativo-collaborativo altrui ho anche redatto una tabella di valutazione con descrittori, le relative valenze percentuali all’interno della prestazione e le scale di punteggio al fine di operare una selezione oggettiva delle diverse proposte progettuali. Ritengo, infine, che tale tabella possa valere quale utile strumento per eventuali concorsi pubblici ideativo-visuali di valorizzazione del detto paesaggio agrario, in similarità con gli obiettivi qui esplicitati, qualora l’Ente pubblico locale dovesse orientarsi in merito.  A Cristiana Meloni, poi, del gruppo “Creativi & Narrazione”, ho chiesto di verificare la bontà della metodologia ideativo-visuale da me messa a punto tanto nella definizione della proposta del parterre che in quella del notturno a proiezioni cromatiche luminose a raggi laser. Con due pregevoli ideazioni la sua creatività ha prodotto le relative “proposte integrative” che ben volentieri riporto nel libro e che, in un’eventuale alternanza stagionale con quelle da me ideate, possono benissimo essere accolte nella loro concreta attuazione progettuale.  A causa della non più disponibilità degli originali, alcune immagini a corredo del testo scritto risultano di qualità inferiore nella restituzione tecnica, me ne scuso anticipatamente con il lettore.

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